Il noto game designer Sid Meyer definì il gioco come “una serie di scelte interessanti e significative”, ma questa definizione è stata ampliata da un altro pilastro del settore, Noah Falstein, con l’aggiunta di “…compiute dal giocatore al fine di completare un obiettivo”.
La scelta è infatti il meccanismo principale alla base dell’interazione, che distingue il gioco dalla fruizione passiva di un film o un libro.
Ma non basta una singola scelta per rendere qualcosa un gioco vero e proprio. Un lancio di testa o croce è poco interessante e si esaurisce nel momento stesso in cui avviene, risultando più assimilabile ad un “toy” che un “game”.
Per dare significato a un’esperienza, il giocatore deve essere portato a credere che la sua scelta abbia un peso concreto, che un’opzione si preferibile alle altre in termini di conseguenze. Se le scelte possibili conducono ad esiti differenti, ma queste vengono percepite come uguali, la decisione perde di senso e viene di fatto saltata senza un impegno logico ed emotivo. Dal lato opposto, se una singola scelta risulta migliore delle altre a prescindere, ci troviamo di fronte ad una strategia dominante, che annulla il processo di valutazione e selezione dell’opzione più appropriata di volta in volta.
Allo pari di ogni scelta non scontata e strettamente immersa nel contesto, anche l’obiettivo verso cui essa è finalizzata deve essere chiaro e avvincente, altrimenti si rischia di annoiare o frustrare il giocatore, che non trova un senso alla sua attività in gioco.
Una scelta ben strutturata ha delle caratteristiche immancabili, che permettono di darle il giusto valore:
- Consapevole: Il giocatore deve poter discernere razionalmente i motivi per cui un’opzione sia meglio di un’altra.
- Portatrice di conseguenze: Il risultato dell’azione deve produrre effetti diversi nel mondo percepibili concretamente. Più questi sono radicali, più la scelta è decisiva.
- Confrontabile: La decisione deve poter essere paragonata a quella degli altri, una forma di espressione sociale.
- Permanente: Una scelta davvero coinvolgente è irreversibile.
I modelli per indurre il processo decisionale nel giocatore differiscono per struttura, pro e contro, ma in generale tendono a convergere quando analizziamo la maggior parte dei giochi di successo:
- Nessuna scelta: La forma più semplice di struttura, che da sola non produce un gioco.
- Scelte inutili: Simile ad un sistema senza scelte, ma mascherato da scelte multiple con lo stesso esito. Se l’illusione può funzionare alla prima partita, cade però immediatamente dopo un replay o il confronto con un altro giocatore.
- Scelte mirate: La struttura è composta da bivi in cui una sola delle opzioni è corretta e permette di proseguire. Dato che tutte le opzioni sbagliate conducono al game over, le decisioni non possono considerarsi significative, in quanto l’avanzamento nel gioco si basa solo sul trial and error.
Ogni struttura di scelte tuttavia implica di porre attenzione sulla singola decisione, i suoi effetti, la sua portata e la motivazione che la spinge.
Leggi questo articolo per continuare ad esplorare il processo decisionale nel panorama ludico.